domenica 24 marzo 2013

"La gonna scivolata a terra"






Tratto dal libro di Stella Borghesi:
I COLLANT DI MIO MARITO
Pubblicato da YOUCANPRINT
Nuova edizione rivista e aggiornata nel febbraio 2017
Disponibile anche in versione digitale su Streetlib


“Restai immobile ed  in silenzio aspettando che il respiro si placasse. Lo avevo fatto davvero, facevo quasi fatica a crederci,  lui mi aveva posseduto ed io avevo perso finalmente la mia verginità.  Dentro di me stranamente non c’era traccia di imbarazzo o di vergogna e quando finalmente ho raccolto la gonna  scivolata a terra per rivestirmi  di fronte a lui non ho abbassato gli occhi perché non c’erano più i sensi di colpa che temevo di dover sentire. Ero ancora profondamente turbato da ciò che avevo appena fatto ma in realtà mi sentivo bene, forse addirittura felice per aver soddisfatto la più audace delle mie fantasie. Ancora adesso non rinnego che quell’esperienza sia stata molto piacevole  e intensa ma quel giorno rappresentò per me il punto massimo della trasgressione perché sapevo di aver raggiunto l’apice del desiderio e della mia  fantasia. In qualche modo temevo che una volta rotto il ghiaccio questa forma di piacere potesse prendere il sopravvento e mi trascinasse su strade trasgressive tanto travolgenti quanto pericolose. Invece stranamente quell’esperienza si dimostrò un’ancora di salvezza perché la mia innata curiosità si era come esaurita e l’interesse iniziò a diminuire gradualmente nel tempo. Non c’era più nulla da scoprire, non c’era più nulla che non avessi già  provato e sperimentato.  La mia passione per il travestimento allora iniziò a diminuire  sia di intensità che di frequenza  e adesso solo  sporadicamente sento riaffiorare il desiderio di indossare qualcosa di femminile. Però non la vivo più come una necessità e non è più un bisogno compulsivo  ma piuttosto  mi appare come qualcosa di piacevole da fare ogni tanto, un po' come la persona  che ha smesso di fumare ma  che ogni tanto si  concede il piacere di una sigaretta senza nemmeno provare un senso di colpa.”







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