Tratto dal libro di Stella Borghesi:
I COLLANT DI MIO MARITO
Pubblicato da YOUCANPRINT
Nuova edizione rivista e aggiornata nel febbraio 2017
Disponibile anche in versione digitale su Streetlib
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“Era la prima volta che
uscivo tra la gente e sapevo di dover
affrontare gli sguardi delle persone che avrei incontrato, sguardi
severi in grado di cogliere ogni piccolo dettaglio fuori posto. Fuori era già
buio ma i corridoi del treno erano abbastanza illuminati e non sarei passata
inosservata camminando con una
minigonna di camoscio sui tacchi a spillo e con le calze nere
fissate al reggicalze. La camicetta di seta bianca lasciava intravvedere in
trasparenza il reggiseno nero
e la parrucca con lunghi capelli biondi e ricci molto naturale mi arrivava fino alle spalle. Sentivo
la sottile striscia di seta nera del perizoma che ad ogni passo si insinuava in
profondità scomparendo nel solco tra le mie
natiche. Camminando su quei tacchi alti nel corridoio del treno sentivo addosso
tutti gli sguardi delle persone
sedute comodamente nelle loro poltrone e percepivo sulla mia pelle quegli sguardi pieni di desiderio che mi
gratificavano al punto tale che desideravo accentuare ancor di più il mio incedere provocante,
quasi a voler sollecitare ancor di
più il loro desiderio. Stavo giocando e questo gioco mi piaceva. Ero eccitato e
sentivo crescere la mia erezione.
Scesi alla fermata prevista e cambiai treno, questa volta per il tragitto più
lungo che sarebbe durato quasi due ore. L’appuntamento fissato era su questo
treno e lui aveva prenotato un vagone letto. Percorsi più di metà treno prima
di arrivare alla carrozza e quando aprii la porta all’interno non c’era
nessuno. Non ero sorpreso né deluso perché sapevo che lui sarebbe salito alla fermata successiva e così cercai di
rilassarmi accavallando le gambe. L’emozione era fortissima e nonostante
l’agitazione che pervadeva ogni cellula del mio corpo mi costrinsi a restare
immobile ed in silenzio aspettando che il respiro si placasse.Non
ero per niente sicuro di volerlo fare davvero ma questo senso di incertezza
lasciava intatta la possibilità di fermarmi in tempo e di ritornare sui miei
passi. Avevo la consapevolezza di avere ancora una via di fuga e questo pensiero
mi tranquillizzava dandomi l’illusione di avere la situazione sotto controllo.“
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